giovedì 17 gennaio 2008

Sergio Badino - Il Soggetto

Tutorial n°66

Il soggetto è la fase più difficile.

Ogni mattina mi sveglio sempre alla stessa ora e vengo in studio: da casa allo studio ci sono dieci minuti a piedi, quindi posso alzarmi alle otto, fare tutto con calma e arrivare alle nove.

Giunto in studio, accendo il computer. E qui le opzioni si ramificano: se sto lavorando a una sceneggiatura, ricomincio da dove avevo interrotto il giorno prima. La sceneggiatura è una fase tecnica, per me spedita, dove conta il mestiere, la pratica che ho acquisito negli anni: difficilmente mi blocco quando sto sceneggiando, e per cavarmi d’impaccio attingo spesso alla mia “borsa degli attrezzi” di kinghiana memoria.



Il soggetto, dicevo. Spesso, mentre sono lì che lavoro a una sceneggiatura, una parte remota del cervello mi dice che sarebbe meglio iniziare a pensare al prossimo, e si mette a macinare un’idea che tempo addietro mi era passata per la mente. Su quest’idea poi lavoro, più consciamente, in ogni altra parte della giornata: mentre torno a casa, quando faccio la spesa, durante la cena, e così via. Se accade così mi sento fortunato, perché finita la sceneggiatura ho già un nuovo soggetto praticamente pronto.

Altre volte la situazione è diversa. Molto diversa. Non ho uno straccio d’idea. O meglio la ho, ma è un’unica ideina, che se ne sta lì sola soletta, e invece per diventare storia e soggetto avrebbe bisogno di tante sorelline con cui fare un’ammucchiata.

Quando questo non accade, passo giornate nerissime. Mi arrovello intorno a un’idea, che nelle mie intenzioni dovrebbe essere quella portante della storia, ma magari non lo è, perché tutto ancora può cambiare. Il mio umore è pessimo, e so che resterà tale finché non avrò tra le mani l’ossatura del mio nuovo soggetto.

Penso che uno spunto non vada mai “forzato”, che ci voglia calma per pensare a una trama. Noi sceneggiatori seriali però spesso abbiamo l’assillo di sfornare un soggetto ogni tot, perché altrimenti non si paga l’affitto. Credo che, alla lunga, la qualità ne risenta. Certo, anche per scrivere i soggetti si fa ricorso alla borsa degli attrezzi, ma quella della prima scrittura è una fase meno tecnica, che sta in quel magico limbo situato a metà tra arte e mestiere.

Comunque mi metto lì, ogni tanto scribacchio qualcosa, ma la maggior parte del tempo lo trascorro a pensare. E mi sento in colpa, perché a fine giornata mi sembra di non aver prodotto niente, quando invece, forse, qualcosa sta nascendo. Quanto tempo può volerci prima di poter assistere al parto? Bella domanda! A volte qualche giorno, altre una settimana, altre ancora due… se non di più. Dipende molto dal caso e da una serie di fattori concomitanti: sono lì che mi arrovello e all’improvviso l’idea giusta arriva. PAM! Così, di punto in bianco. Questo è un lusso, una svolta positiva in un momento critico.

In altri casi, mentre mi sto spremendo meningi e altre cose assortite, mi capita di buttare un occhio a un giornale, e di leggere qualcosa che in qualche modo possa andare bene per completare il mio spunto, che poi magari viene ulteriormente plasmato dalla fortuita visione di un pezzo di un documentario in tv. Quando invece proprio non c’è niente da fare, è inutile starsene lì a macerarsi: è meglio uscire e fare una sana passeggiata rigenerante, cercando di staccare un po’.

Queste concause fanno sì che alla fine, in un modo o nell’altro, la storia ci sia. A volte il mio soggetto mi piace, il più delle volte mi fa schifo. In certi casi ho tempo di riflettere sul perché mi disgusti, in certi altri no: se voglio avere il tempo di sceneggiarlo e di essere pagato con margine utile, mi conviene inviarlo al più presto, e sperare che il mio editor abbia voglia di discutere delle cose che non vanno (perché ce ne sono, questo è certo) prima di cestinarlo. Cioè, che almeno a lui la storia piaccia quel tanto che serva a fargli pensare di poterci lavorare sopra.

Non è sempre così, intendiamoci: spesso scrivo soggetti che mi piacciono, che mi fanno ridere, che mi commuovono e mi avvincono. In questi casi so già che me li approveranno, e li invio a cuor leggero, col sorriso sulle labbra.

Ma il più delle volte è dura: lavorare a una storia vuol dire soffrire, metterci dentro l’anima. E i redattori prima, e i lettori poi, se quell’anima ce l’avete messa se ne accorgono, ve l’assicuro.




PAPERINO E LA COMODONA SPECIAL

Sta per iniziare il campionato di calcio e Paperino già pregusta il momento del fischio d’inizio. Unico neo il suo divano, quello da cui dovrebbe seguire l’intero ciclo di partite, che è ormai praticamente inutilizzabile, semi sfondato e con molle che fuoriescono dappertutto. Inorridendo all’idea di guardare il campionato da una scomoda sedia presa in cucina, Paperino vede in tv la pubblicità di una nuova poltrona, la “Comodona Special”, dotata di poggiapiedi estraibile con opzione pediluvio, vibromassaggio, temperatura regolabile, bracciolo-minibar, bracciolo-macchina dei popcorn e un’infinità di altri optional.

Innamoratosi all’istante dell’oggetto, Paperino si precipita in un negozio per acquistarlo, ma, orrore, costa decisamente troppo per le sue finanze, che non arrivano neppure a coprire la prima esorbitante rata del finanziamento. Scopre però che la ditta che fabbrica la Comodona è di proprietà di zio Paperone: fiondatosi al deposito, Paperino domanda se sia possibile averne una in omaggio. Lo zione non prende nemmeno in considerazione la richiesta e, cosa che fa infuriare Paperino, lo riceve seduto proprio su una Comodona, che sta testando per eventuali migliorie.

Passando davanti a casa di Paperoga, Paperino sgrana gli occhi: il cugino ha una Comodona e, in giardino, ne sta usando lo schienale reclinabile a scatto per lanciare ripetutamente un pallone da basket nel canestro. Paperino chiede la poltrona in prestito: se è solo per giocare a pallacanestro, Paperoga non ne ha certo bisogno. Il cugino replica che la Comodona gli è invece indispensabile per allenarsi per i campionati regionali di “poltronabasket”, di cui è l’organizzatore e, finora, l’unico iscritto. Paperino domanda allora dove il cugino abbia preso la Comodona: gliela ha regalata Gastone che, a quanto pare, ne possiede diverse.

Il papero corre allora da Gastone e, con enorme irritazione, trova la casa del cugino invasa dalle Comodone: il fortunato spiega che ne ha vinta una, ma, per un qualche errore di spedizione che non riesce a disdire, continua a riceverne una ogni settimana. Gastone sta per offrire una poltrona in regalo a Paperino (ne ha già regalate a tutti i parenti tra cui anche Nonna Papera), che però fa l’errore di palesare il suo interesse svelandone il motivo: Gastone si tira allora indietro (guai a fare un piacere al cuginastro) con il pretesto che qualcuno potrebbe voler organizzare il meeting dei fruitori di Comodona proprio a casa sua.

Con un diavolo per capello, Paperino va a trovare Nonna Papera che sarebbe ben felice di prestargli la sua Comodona qualora lui riuscisse a svegliare Ciccio: vi si è addormentato sopra con il vibromassaggio inserito e il suo sonno è così beato che nessuno riesce a smuoverlo. Paperino prova facendo rumore in mille modi, ma alla fine è costretto a gettare la spugna.

Tornato in città ormai quasi rassegnato, Paperino passa davanti alla fabbrica della Comodona Special (sulla strada c’era la casa di Gastone dove, nel frattempo, è arrivato un pullman con i soci del Comodona Club). Sul retro dello stabilimento, non credendo ai suoi occhi, Paperino vede che un magazziniere sta per buttare via proprio una Comodona! Il papero chiede spiegazioni e l’uomo risponde che è un esemplare difettoso: il poggiapiedi estraibile è rotto. Paperino chiede se possa prendere lui quella poltrona e, non avendo il magazziniere nulla in contrario, il papero la porta a casa dove, dopo qualche ora di lavoro, riesce a ripararla.

Toccando il cielo con un dito, Paperino si spaparanza davanti alla tv a pochi minuti dal calcio d’inizio. La sua riparazione però non è sufficientemente robusta perché, nel momento in cui schiaccia il pulsante per far uscire il poggiapiedi, questo si stacca e parte in avanti sfondando lo schermo del televisore. Proprio mentre sta per sbottare, suonano alla porta: è Gastone, pentito, con una Comodona. Stava per fare un altro scherzo a Paperino portandogli una tv tra le numerose vinte, ma sapendo che lui ne ha già una ha preferito dargli ciò che realmente gli serve.

Quando Paperino inizia a inseguirlo brandendo il poggiapiedi della Comodona, Gastone si domanda che cosa sia preso al cugino.

FINE


È una storia a gag. Di solito le scrivo solo quando l’idea mi fa davvero ridere, perché altrimenti preferisco le trame con intrecci più complessi.

In questo caso l’idea di utilizzare un Paperino “stile Homer”, disposto a fare qualunque cosa pur di avere una poltrona extracomfort, mi divertiva parecchio.

Questo Paperino Simpson Style viene fuori più che altro in sceneggiatura: nel soggetto bisogna far capire il più chiaramente possibile all’editor, che è il nostro primo lettore, quali sono le nostre intenzioni circa la storia che stiamo proponendo, e quindi descrivere la trama, le gag e ciò che muove i personaggi.

Qui, una volta individuato il tema portante (la ricerca della poltrona) e il personaggio più adatto a cimentarsi con questo problema (Paperino, a causa delle reazioni che solo lui può avere di fronte a una cosa del genere), si procede con lo studio delle gag che, in una storia come questa, portano di fatto avanti la trama.

Ho cercato di mettere in gioco buona parte dei comprimari della famiglia dei paperi: Gastone, Paperoga, Nonna Papera, Ciccio… tutti, naturalmente, hanno una poltrona, tranne Paperino. Le gag legate di volta in volta a questi personaggi devono essere per forza di cose in linea con il loro carattere, in modo da risultare azzeccate (Paperoga utilizza la poltrona per uno sport assurdo, Ciccio per dormire, e così via).

Il piccolo colpo di scena nel finale è legato alla “redenzione” di Gastone, che per una volta decide di essere generoso con il cugino: è lo stesso Paperino, in questo caso, a essere causa del suo male.

Sergio Badino

NEXT 28/01/08: Massimo Dall'Oglio, Struttura4

6 commenti:

Elena Cavaliere ha detto...

Illuminante spaccato del lavoro di un sceneggiatore! Grazie di aver condiviso con noi un pezzo della sua vita :)

Anonimo ha detto...

Bellissimo e interessantissimo Tutorial!

Paolo Passalacqua ha detto...

A quando la prossima puntata?
Grazie!!

Anonimo ha detto...

Lo scrittore lavora anche quando aspetta l'autobus...anzi soprattutto quando aspetta l'autobus. i pensieri sono in libertà e vagano mentre si osservano le persone e le situazioni.
Bellissimo tutorial!!!!

StudioStorie ha detto...

Grazie a tutti! Se a qualcuno interessasse leggere la storia pubblicata per confrontarla con il soggetto, è uscita su Topolino n.2680, 10 aprile 2007, disegnata da Andrea Freccero.
E poi, se l'argomento sceneggiatura v'interessa, v'invito in massa a fare un salto sul mio blog "Professione sceneggiatore", che ha il titolo in comune con il libro uscito qualche mese fa.
Al prossimo tutorial! :)
Sergio

Alberto Massaggia ha detto...

Volevo fare i complimenti a Sergio per il suo prontuario di sceneggiatura pubblicato con Tunuè. Davvero efficace, senza fronzoli e spietato nel realismo della professione da commuovere.

Secondo me per certi aspetti è più utile di molti altri manualoni di sceneggiatura che filosofeggiano a volte troppo senza dare strumenti veri e propri.

Grazie e complimenti ;-)

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